Archivi Mensili: luglio 2014

Regno dei cieli, tesoro e rivoluzione di vita


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Tesoro: parola magica, parola da in­namorati, da avventure, da favole, ma anche da Vangelo, uno dei nomi più belli di Dio.


Il regno dei cieli è simile a un tesoro. Acca­de per il regno ciò che accade a chi trova un tesoro o una perla: un capovolgimen­to, un ribaltone totale e gioioso che travol­ge l’esistenza. Un tesoro non è pane quo­tidiano, è rivoluzione della vita.


Ebbene, anche in giorni disillusi e scon­tenti, i nostri, il Vangelo osa annunciare te­sori. Osa dire che l’esito della storia sarà felice, comunque felice, nonostante tutto felice. Perché nel mondo sono in gioco for­ze più grandi di noi, che non verranno me­no, alle quali possiamo sempre attingere, dono non meritato. Il regno è di Dio, ma è per l’uomo.
Un uomo trova un tesoro e pieno di gioia va.

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La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Che il Vangelo regala. Entrarvi «è come entrare in un fiume di gioia» (papa Francesco), respirare un’aria fresca e ca­rica di pollini. Dio instaura con noi la pedagogia della gioia! Nel libro del Siracide è riportato un testo sorprendente: Figlio, per quanto ti è possibile, trattati bene… Non privarti di un solo giorno felice (Sir 14.11.14). È l’invito affettuoso del Padre ai suoi figli, il volto di un Dio attraente, bello, solare, il cui o­biettivo non è essere finalmente obbedi­to o pregato da questi figli sempre ribelli che noi siamo, ma che adopera tutta la sua pedagogia per crescere figli felici. Co­me ogni padre e madre. Figlio non pri­varti di un giorno felice! Prima che chie­dere preghiere, Dio offre tesori. E il van­gelo ne possiede la mappa.

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Quell’uomo va e vende quello che ha. Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Niente viene butta­to via, non perdono niente, lo investono. Fanno un affare. Così sono i cristiani: scel­gono e scegliendo bene guadagnano. Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno un tesoro di speranze, di coraggio, di libertà, di cuore, di Dio. «Cresce in me la convinzione di portare un tesoro d’oro fi­no che devo consegnare agli altri» (S. Weil).

Tesoro e perla sono i nomi che dà al suo a­more chi è innamorato. Con la carica di af­fetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che sprigiona. Due nomi di Dio, per Gesù. Il Vangelo mi incalza: Dio per te è un tesoro o soltanto una fatica? È perla della tua vita o solo un dovere?

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Mi sento contadino fortunato, mercante ricco perché conosco il piacere di credere, il piacere di amare Dio: una festa del cuo­re, della mente, dell’anima.

strada-cuore2[1] Non è un vanto, ma una responsabilità! E dico grazie a Chi che mi ha fatto in­ciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molto giorni della mia vita.      

pe. Ermes Ronchi

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo. (Mt 13,44-52)


 

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo;

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un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

perla Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.

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Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro:

«Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

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Parola del Signore.

Una spiga di grano vale più dell’intera zizzania


Conquistare anche noi lo sguardo di Dio, che non si posa mai per prima cosa sul male o sul peccato di una persona, ma privilegia il bene. Quel campo seminato di buon seme e assediato dalle erbacce è il nostro cuore. I servi dicono: Andiamo e sradichiamo la zizzania. Il padrone del campo li blocca: No, rischiate di strapparmi anche il buon grano! L’uomo violento che è in noi dice: strappa subito da te tutto ciò che è immaturo, sbagliato, puerile, cattivo. Invece il Signore dice: abbi pazienza, non agire con violenza, perché il tuo spirito è capace di grandi cose solo se ha grandi valori.

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Quanti difetti sono riuscito a sradicare in tutti questi anni? Neppure uno. La via è un’altra: mettersi sulla strada di come agisce Dio. Per vincere la notte accende il mattino, per far fiorire la steppa sterile semina milioni di semi, per sollevare la pasta immobile immette un pizzico di lievito.

Questa è l’attività solare, positiva, vitale da esercitare verso noi stessi: non preoccupiamoci prima di tutto della zizzania, delle debolezze, dei difetti, nessuno è senza zizzania nel cuore; ma preoccupiamoci di coltivare una venerazione profonda per tutte le forze che Dio ci consegna, forze di bontà, di generosità, di bellezza, di libertà. Facciamo che queste erompano in tutta la loro forza, in tutta la loro bellezza, in tutta la loro potenza, e vedremo le tenebre scomparire.

Noi dobbiamo conquistare lo sguardo di Dio: una spiga di buon grano conta più di tutta la zizzania del campo, il bene conta più del male; la luce è sempre più forte del buio. Addirittura la spiga futura, il bene possibile domani è più importante del peccato di ieri. Il male di una vita non revoca il bene compiuto, non lo annulla, è invece il bene che revoca il male. La nostra strategia è coprire il male di bene, soffocarlo di bontà, di generosità, di coraggio, di canto, di luce. Ed è il bene, quel pezzetto di Dio in noi, che dice la verità di una persona. Il peccato non è rivelatore, mai: nessun uomo, nessuna donna coincidono con il loro sbaglio o con la zizzania che hanno in cuore.

Tu non sei le tue debolezze, ma le tue maturazioni. Tu non sei creato a immagine del nemico e della sua notte, ma a immagine del Creatore e del suo giorno. Allora il nostro vero lavoro religioso è portare a maturazione il buon seme, i talenti, i germi divini che Dio immette in noi con la fiducia del buon seminatore.people-need-fibre-text-02 spiga_di_grano

 

E far maturare dolcemente e tenacemente, come il grano che matura nel sole, coloro che Dio ci ha affidato. Tu pensa al buon grano, ama i tuoi germi di vita, custodisci ogni germoglio, sii indulgente con tutte le creature, e anche con te. E tutto il tuo essere fiorirà nella luce.

 

Pe. Ermes Ronchi

+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo:
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Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”».
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

Parola del Signore.

Ogni giorno su di noi una pioggia di semi di Dio


+ Dal Vangelo secondo Matteo

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Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Parola del Signore.

 

Ogni giorno su di noi una pioggia di semi di Dio

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Egli parlò loro di molte cose con pa­rabole. Magia delle parabole: un linguaggio che contiene di più di quel che dice. Un racconto minimo, che funziona come un carburante: lo leggi e accende idee, evoca immagini, suscita e­mozioni, avvia un viaggio. Gesù amava i campi di grano, le distese di spighe, di papaveri, di fiordalisi, osservava la vita e nascevano parabole. Oggi osserva un se­minatore e nel suo gesto intuisce qual­cosa di Dio.

Il seminatore uscì a seminare: la parabola non perde tempo in preamboli o analisi, racconta un fatto o una esperienza. Il se­minatore, non un; il Seminatore per eccel­lenza, Colui che con il seminare si identifica, perché non fa altro che questo: dare vita, fecondare.

Seminatore: uno dei più belli nomi di Dio. E subito l’immagine d’un tempo antico ci riempie gli occhi della mente: un uomo con una sacca al collo che percorre un campo, con un gesto largo del­la mano, sapiente e solenne. Ma il quadro collima solo fin qui.

Il semi­natore della parabola è diverso, eccessivo, illogico: lancia manciate generose anche sulla strada e sui rovi. È uno che spera an­che nei sassi, un prodigo inguaribile, im­prudente e fiducioso. Un sognatore che ve­de vita e futuro ovunque. Una pioggia continua di semi di Dio cade tutti i giorni sopra di noi. Semi di Vangelo riempiono l’aria. Si staccano dalle pagine della Scrittura, dalle parole degli uomini, dalle loro azioni, da ogni incontro.

Ma per quanto il seme sia buono, se non trova ac­qua, luce e protezione, la giovane vita che ne nasce morirà presto. Il Seminatore get­ta il seme, ma è il terreno che permette di crescere.

Allora io voglio farmi terra buo­na, terra madre, culla accogliente per il pic­colo germoglio. Come una madre, che sa quanto tenace e desideroso di vivere sia il seme che porta in grembo, ma anche quanto fragile, vulnerabile e bisognoso di cure, dipendente quasi in tutto da lei.

Essere madri della parola di Dio, madri di ogni parola d’amore. Accoglierle dentro sé con tenerezza, custodirle e difenderle con energia, allevarle con sapienza. Ognuno di noi è una zolla di terra, ognuno è anche un seminatore che cammina nel mondo get­tando semi. Ogni parola, ogni gesto che si stacca da me, se ne va per il mondo e pro­durrà qualcosa. Che cosa vorrei produrre? Tristezza o germogli di sorrisi? Paura, sco­raggiamento o forza di vivere?
«Il cristiano è uno ben consapevole che la sua vita darà frutto, ma senza pretendere di sapere come, né dove, né quando. Ha però la sicurezza che non va perduto nes­sun atto d’amore per Dio, non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna doloro­sa pazienza. Tutto ciò circola nel mondo come una forza di vita». (E.G. 278-279).

padre Ermes Ronchi

Diffondere la combattiva tenerezza di Dio


Ti rendo lode, Padre… il Vangelo re­gistra uno di quegli slanci im­provvisi che accendevano di esul­tanza e di stupore gli incontri di Gesù: i piccoli lo capiscono, capiscono il segre­to del vivere. Sono i piccoli di cui è pie­no il Vangelo: poveri, malati, vedove, bambini, i preferiti da Dio. Rappresen­tano l’uomo senza qualità che Dio ac­coglie nelle sue qualità.

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La terezza di Dio in una carezza

La tenerezza di Dio

La tenerezza di Dio, passa attraverso i gesti umani

Perché hai rivelato queste cose ai picco­li…
Le cose rivelate non si possono re­cintare in una dottrina, non costituisco­no un sistema di pensiero. Gesù è venu­to per mostrare, per raccontare la rivo­luzione della tenerezza di Dio (papa Francesco), nucleo originario e fre­schezza perenne del suo Vangelo.

Questa rivoluzione della tenerezza, Dio al fianco dei piccoli, è la vera lingua u­niversale, l’unica lingua comune ad ogni persona, in ogni epoca, su tutta la terra. Un piccolo capisce subito l’essenziale: se gli vuoi bene o no. In fondo è questo il segreto semplice della vita. Non ce n’è un altro, più profondo. I piccoli, i pecca­tori, gli ultimi della fila, le periferie del mondo hanno capito che in questa ri­voluzione della tenerezza sta il segreto di Dio.

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Gesù viene e porta il ristoro della vita, mostra che è possibile vivere meglio, per tutti. Il Van­gelo è il sogno di rendere più umana e più bella la vita: l’umanizzazione è il grande segno della spiritualità autenti­ca.gesù%20consola[1]

Nominare Cristo, parlare di Vangelo, celebrare Messa deve equivalere a confortare la vita affaticata, altrimenti sono parole e gesti che non vengono da lui. Le prediche, gli incontri, le istituzio­ni, devono diventare racconti d’amore, altrimenti sono la tomba della doman­da dell’uomo e della risposta di Dio.

Imparate da me… Andare da Gesù è an­dare a scuola di vita. Gesù: quest’uomo senza poteri ma regale, libero come il vento, che nessuno ha mai potuto com­prare o asservire, fonte di libere vite.

Da me che sono mite e umile di cuore…
Imparate dal mio modo di essere, senza imposizione e senza arroganza. Impa­rate dal mio modo di amare, delicato e indomito. Il maestro è il cuore. Dio stes­so non è un concetto: è il cuore dolce e forte della vita.

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Il mio giogo è dolce e il mio peso è legge­ro, dolce musica, buona notizia. Il gio­go, nel linguaggio della Bibbia, indica la Legge. uid_13b0361a210.310.176[1]

Ora la legge di Gesù è l’amore: prendete su di voi l’amore; prendetevi cura, con tenerezza e serietà, di voi stes­si, degli altri e del creato, diffondete la combattiva tenerezza di Dio, iniziando dai piccoli, che sono le colonne segrete della storia, le colonne nascoste del mondo. Prendersi cura di loro, come fa Dio, è prendersi cura del mondo intero.

padre Ermes Ronchi

Io sono mite e umile di cuore. (Mt 11,25-30)


+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. imagesVFRXSIQ4Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Parola del Signore